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Perché vuoi uccidermi, perché ti piace il mio vello, la mia carne? Ma nei supermercati ne trovi quanta ne vuoi di carne, ti piacciono le mie corna, cosa ne farai di me, userai la mia testa come trofeo?
Il cacciatore prese bene la mira, puntò la sua carabina verso il cervo, quando gli arrivarono nella mente queste parole.
Come un contatto telepatico sottile tra lui e l'animale selvatico sentiva una voce dal tono basso, naturale.
“Dimmi cosa ti ho fatto di male, io sono libero, bruco la mia erba, aggredisco solo per difendermi, e tu mi vuoi ammazzare solo per un tuo gioco, un tuo passatempo”
Il dito sul grilletto stava per infierire il proiettile fatale, quando una libellula e una farfalla si misero a svolazzare davanti al mirino, disturbando la visuale al cacciatore.
E la voce continuò: “lo sai che la mia compagna mi aspetta, che ho un cucciolo da crescere a cui insegnare a cercare l'erba buona, correre sui prati e scalare le rupi”?
“Ma a te queste cose non interessano, tu pensi a farti bello con gli amici con il mio corpo insanguinato, regalerai la mia carne dicendo: "l'ho ammazzato io, guardate che bell'esemplare, era lì inerme, innocente, e io l'ho colpito in pieno ed è stramazzato nell'erba fina.
E cosa pensa il tuo dio di ciò che stai per fare, il Dio dell'amore, della misericordia, della pietà?
Il cacciatore allora fu preso da un sentire arcano, naturale, selvatico. S'immedesimò nel cervo e incominciò a bramire, a scalpitare. Per un attimo lo vide con le corna dorate, essere divino, luminoso e due ali possenti.
Prese il fucile e lo lanciò per aria, e un dolore tremendo alla testa lo attraversò da parte a parte il cervello, come proiettile che penetrava e fuoriusciva.
Abbassò la testa, si portò le mani sul viso, un rivolo gli scese dagli occhi e dal cuore un flotto di compassione.
E capì che non aveva nessun senso uccidere un figlio della natura, innocente, bello nella sua statuaria armonia.
E fu contrito al pensiero di tutti gli animali che aveva ucciso solo per passatempo, per svago.
Il cervo ringraziò per averlo risparmiato e corse via per la brughiera.
Ritornò il cacciatore un giorno, ma stavolta armato di una macchina fotografica, divenne cacciatore d'immagini.
I suoi trofei da quel giorno furono le foto di magnifici esemplari di fauna selvatica, scoiattoli, falchi, serpenti, cerbiatti.
Ma la sua più bella foto, quella che gli riuscì molto bene per la giusta luce e la messa a fuoco, fu quella di un cervo insieme alla sua compagna e un cucciolo che saltellava felice sul prato ancora rorido di rugiada.